400 ETNIE… E ANCHE DI PIÙ
Succedeva spesso che la sera ci si riunisse sotto il grande mango, alla sponda del fiume. Spesso in silenzio, poiché la vita da quelle parti scorre uguale, sempre la stessa, e non c’é molto da aggiungere. Se non altro, è pure piacevole stare zitti ed ascoltare la voce delle onde, il richiamo degli animali selvaggi e i misteriosi fruscii delle ombre che si muovono nel buio.
Però quella sera era speciale, e spontanea venne la domanda del nipote: “Nonna, tu sai perché quell’uomo vestito di bianco sta parlando di noi e delle nostre terre? Come ci conosce?”. L’anziana prese il suo tempo, prima di rispondere così: “Molti bambini sono nati, vissuti e invecchiati tra queste terre, e hanno lasciato spazio a molti altri bambini che sono nati, vissuti e anche loro invecchiati. Così, da una generazione all’altra.
Della nostra famiglia, ma anche di altre. Sai, gli Aguaruna, gli Ashaninka, i Machiguenga, gli Shipibo, i Yine, i Piro… ne hai sentito parlare, vero? E sempre abbiamo vissuto tra questi boschi, nella nostra grande selva, che è per noi casa, ristorante, ed ospedale. E noi la amiamo e ce ne prendiamo cura.
L’uomo vestito di bianco dice proprio così: “continuate a prendervene cura”. E lui parla di noi, perché noi siamo invisibili, parliamo una lingua che capiamo solo noi, ognuno la sua. E abbiamo le nostre abitudini, che l’uomo straniero non è riuscito a cambiare. Quell’uomo che entra nelle nostre terre e ne fa quello che vuole.” Seguì un profondo respiro, come di chi ne ha viste tante, e nasconde tra le rughe pene segrete e profonde delusioni. Ma il nipote era curioso: “E allora perché non ci uniamo alle altre famiglie, e tutti insieme mandiamo via l’uomo straniero?”.
Ancora la nonna chiuse gli occhi, forse per pensare meglio, o per nascondere una certa stanchezza: “E perché dovremmo mandarlo via? La nostra terra é grande, ha spazio per tutti coloro che la rispettano, ma noi abbiamo le nostre radici, molto antiche e profonde.
Quell’uomo vestito di bianco ha capito una cosa importante: il giorno in cui perderemo le nostre radici, e la nostra etnia si confonderà fino a smarrirsi del tutto, sarà come abbattere un pezzo di foresta, che non ricrescerà mai più.” Allora il nipote fissò lo sguardo sul grande mango e le sue nodose radici, preoccupato per un’altra domanda, senza risposta: “Riusciranno le nostre radici a resistere? O spariremo del tutto?”
04 AMAZZONIA TERRA DI MINORANZE (scarica qui)
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