PER UNA CHIESA DAL VOLTO AMAZZONICO
Detto che l’Amazzonia è un continente e che quindi la Chiesa nell’Amazzonia ha sfumature e sviluppi molto diversi, per parlare della ministerialità, cioè del servizio dei fedeli nella Chiesa Cattolica in questa regione, non è possibile prescindere dalla storia che la Chiesa in America Latina ha sviluppato dal Concilio Vaticano II in poi.
Se è vero che l’assise conciliare aveva fondato la ministerialità laicale nella chiesa nel sacerdozio comune dei fedeli dato dal battesimo (Lumen Gentium 10), è anche vero che la Chiesa Latinoamericana aveva sviluppato caratteristiche particolari e uniche della presenza dei laici nelle comunità, a partire dalle idee emerse nei successivi sinodi dei vescovi Latinoamericani (Celam) a Medellin (1968) e soprattutto Puebla (1979). In particolare nella sottolineatura della Chiesa-comunione come Popolo di Dio, l’opzione preferenziale dei poveri, la nascita delle CEB (Comunità Ecclesiali di Base) come espressione di una Chiesa povera, che si sviluppa dal basso, che fa emergere le ministerialità e i servizi a partire dai fedeli.
Ma, si sa, i forti contrasti del sud del Mondo, le grandi incoerenze, gli errori e gli alti e bassi della storia fanno parte anche della grande storia della Chiesa Cattolica.
Oggi, parlare di ministerialità nella Chiesa Amazzonica significa ancora fare i conti con un certo clericalismo (da noi in Italia molti parroci ancora non mollano le chiavi e i soldi…), una forte carenza di vocazioni, tensioni a volte pastorali molto spesso ideologiche, oltre che alla presenza di chiese pentecostali e neo-pentecostali (quelle che comunemente chiamiamo “sette”) che vanno a sottrarre ulteriormente presenze nella Chiesa cattolica.
La mancanza di vocazioni, in particolare, è il fattore che maggiormente incide (e preoccupa) circa la crescita reale della Chiesa qui nella Foresta Amazzonica. Come sottolineavano i vescovi nell’ultima Conferenza Episcopale Latinoamericana, ad una crescita esponenziale della popolazione, non ha riscontro una uguale crescita delle vocazioni, sacerdotali e religiose.
Per esempio, guardando solo alla nostra realtà del Vicariato Apostolico di Pucallpa, ad una crescita vertiginosa della popolazione nella città (che è passata dai quasi 90.000 abitanti all’inizio degli anni ’80 ai più di 500.00 mila attuali) non ha avuto pari crescita la presenza di sacerdoti locali: attualmente di 32 sacerdoti presenti nel Vicariato, solo 8 sono locali.
Tutto questo sarà certamente parte delle riflessioni del prossimo sinodo che il Papa ha convocato per questo mese di ottobre. Nello stesso documento preparatorio si accenna a tali difficoltà: “Per intervenire sulla presenza precaria della Chiesa e trasformarla in una presenza più capillare e incarnata, c’è bisogno di stabilire una gerarchia delle urgenze in Amazzonia. Il Documento di Aparecida menziona la necessità di una «coerenza eucaristica» (DAp 436) per tutta la regione amazzonica, riferendosi non solo alla possibilità che tutti i battezzati partecipino alla Messa dominicale, ma anche all’esigenza che crescano cieli nuovi e terra nuova come anticipazione del Regno di Dio in Amazzonia. In questo senso il Vaticano II ci ricorda che tutto il Popolo di Dio partecipa al sacerdozio di Cristo, benché distinguendo tra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale (cf. LG 10). Per questo è urgente valutare e ripensare i ministeri che oggi sono necessari per rispondere agli obiettivi di «una Chiesa con un volto amazzonico e una Chiesa con un volto indigeno» (Fr. PM)… In questa linea, occorre individuare quale tipo di ministero ufficiale possa essere conferito alla donna, tenendo conto del ruolo centrale che le donne rivestono oggi nella Chiesa amazzonica. È altresì necessario sostenere il clero indigeno e nativo del territorio, valorizzandone l’identità culturale e i valori propri. Infine, bisogna progettare nuovi cammini affinché il Popolo di Dio possa avere un accesso migliore e frequente all’Eucaristia, centro della vita cristiana (cf. DAp 251)”.
Concludo con la citazione di un interessante articolo del Card. W. Kasper, pubblicato sul sito della Red Pan Amazonica, che introduce alcuni spunti che apriranno sicuramente questa discussione al prossimo Sinodo: “L’istruzione della Congregazione per il culto divino Redemptoris sacramentum (2004) insiste sul fatto che i fedeli godono del diritto di celebrare la Santa Messa come stabilito nei libri liturgici e nelle norme liturgiche. Ma sembra strano parlare del diritto di celebrare una Messa come prescritto, per poi non parlare del diritto fondamentale all’accesso alla Messa per tutti.
Secondo ciò che abbiamo detto, esiste un tale diritto non solo soggettivo, non solo per una pretesa individuale, ma per una legge comunitaria che deriva dall’essenza dell’Eucaristia e dal suo posto nell’economia della salvezza. Potrebbero esserci circostanze straordinarie, come situazioni di persecuzione, guerre, calamità naturali, incidenti gravi, ecc. ciò rende impossibile la celebrazione eucaristica, ma se in circostanze normali le comunità circostanti hanno spazi e distanze che permettono solo una o due volte all’anno di avere accesso all’Eucaristia, mancano di qualcosa di essenziale per essere una Chiesa. Queste comunità hanno il diritto che il Vescovo faccia del proprio meglio per cambiare questa situazione” (Card. Walter Kasper – Articolo “Munus Santificandi: Ministros en las comunidades indígenas y el derecho de acceso a la Eucaristía” –www.redamazonica.org – Traduzione del redattore).
06 MINISTERIALITÁ NELL’AMAZZONIA (scarica qui)
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